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Il lettore Uno

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Il lettore Uno

La mia teoria (che non è una teoria) si rafforza. Parlo della teoria (che non è una teoria) del lettore zero. Tempo fa ne ho parlato così, sulla base di mie sensazioni personali condensatesi in seguito al mio abituale bazzicare nel web (detto meno ampollosamente: parlavo per sentito dire 😀 ).
E oggi… parlo ancora per sentito dire 😛 , dato che un link condiviso da Marco Amato è stato abbastanza illuminante. Per chi avrà la pazienza di andarselo a leggere, stimo ne ricaverà una sensazione non molto lontana dalla mia.

Quando si invia un manoscritto a una casa editrice, ammesso che questo venga realmente letto da qualcuno, non si farà altro che affidarlo a un lettore zero. Mi sono permesso di mutuarne liberamente il concetto da quello di “paziente zero” che, in ambito medico, è il paziente che manifesta per primo una certa malattia e, come tale, spesso riveste un’importanza determinante per le indagini mediche e per tutto quello che potrà conseguire quando si studia l’evolversi di un’epidemia. Ecco, il lettore zero è un po’ la stessa cosa: essendo il primo lettore di un manoscritto una volta che questo è giunto all’ “interno” di una casa editrice, egli avrà una certa importanza per tutto ciò che accadrà dopo, ovvero la pubblicazione o meno del romanzo.

Il lettore zero spesso è l’editor o comunque una persona molto vicina che seleziona i testi poco prima di passarli all’editor. Il lettore zero può avere anche tutta l’esperienza di questo mondo in fatto di letteratura, narrativa, editoria, talent-scouting (dimentico qualcosa?). Ma in ogni caso sarà sempre e comunque una persona che, più o meno istintivamente, più o meno consciamente, agisce in base ai propri gusti.

Dunque?

Mi pare di aver detto un sacco di ovvietà, eppure stento a credere ai miei occhi quando vedo quanta gente stia a dannarsi l’anima ogni volta che riceve un rifiuto da un editore, gente che piange amaramente, come ha ammesso lo stesso Aldo nella storia che ho linkato poco sopra. Nel suo caso specifico ha avuto la botta di c*lo di imbattersi in un lettore Zero che lo ha sostenuto fin da subito e la botta di sfiga di imbattersi in un lettore Uno (in questo caso l’editor) che non se l’è filato per nulla. Bravo o bravissimo che sia (non l’ho mai letto, ma a questo punto non cambia nulla ai fini del mio discorso) la sostanza è che, qualunque cosa dicano i puristi dell’editoria tradizionale, quest’ultima pare sostanzialmente rivelarsi per quello che è: una serie di botte di c*lo.

Per fortuna la matematica ci ricorda che dopo lo zero e l’uno, ci sta il due, poi il tre. Solitamente anche il quattro. E via fino all’infinito. Io magari diventerò il lettore Trecentosettantaquattromilatrecentouno dell’Aldo di turno. E chissà, non sarò l’ultimo. E magari il romanzo dell’Aldo di turno mi piacerà da morire, o mi lascerà indifferente.

Con buona pace di qualunque cosa abbia potuto dire, prima di me, il lettore Zero, che sì, a questo punto, forse vale proprio zero. O meglio: vale uno, perché uno vale sempre uno.

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